DOTT. AMEDEO GIORGETTI

Il controllo non farmacologico della colesterolemia

L’aumento dell’apporto alimentare di Carboidrati, in sostituzione di una quota isocalorica di Grassi saturi e trans, si associa a una riduzione della colesterolemia totale ed LDL. Tuttavia esso può anche presentare effetti sfavorevoli sui lipidi plasmatici, come un aumento della trigliceridemia, che rappresenta secondo alcuni autori un fattore di rischio indipendente per le patologie cardiovascolari, e della presenza nel plasma delle cosiddette lipoproteine LDL “piccole e dense”, particolarmente aterogene. Può osservarsi anche una riduzione della colesterolemia HDL (Lichtenstein, 2006).

In particolare, da una recente Emanatisi, condotta sui risultati di 60 studi clinici controllati è emerso che l’incremento del consumo di Carboidrati totali, in sostituzione di una quota isocalorica di grassi (sia saturi che mono o polinsaturi), comporta un decremento della colesterolemia HDL (Kelly et al., 2006).
Numerose evidenze suggeriscono in realtà che gli effetti sul metabolismo dei lipidi e delle lipoproteine siano diversi per i mono-disaccaridi e per i polisaccaridi. Tra gli zuccheri semplici il saccarosio, ad alti livelli di assunzione, sembra indurre una riduzione del Colesterolo HDL, e un contemporaneo aumento della concentrazione dei Trigliceridi plasmatici: questo perché l’arricchimento in Trigliceridi delle particelle HDL porta a un aumento del loro catabolismo. I mono-disaccaridi non hanno invece effetti rilevanti sulla concentrazione del Colesterolo LDL (Suter, 2005).
Attualmente l’Indice glicemico (IG) di un alimento o il suo Carico glicemico (Glycemic Load, o GL), che tiene conto anche della quantità consumata dell’alimento stesso, rappresentano probabilmente i parametri funzionali di maggiore interesse dei Carboidrati alimentari e degli alimenti che ne sono ricchi (Jenkins et al., 2002).
E’ infatti noto che la riduzione della glicemia postprandiale e dell’insulinemia associata al consumo di alimenti a basso IG migliora l’insulino-sensibilità e riduce la sintesi epatica dei Trigliceridi e la loro secrezione, determinando una più bassa concentrazione di lipoproteine ricche in Trigliceridi e contemporaneamente un incremento della colesterolemia HDL (Riccardi & Rivellese, 2000).
Diversi studi hanno dimostrato che la sostituzione dei Grassi saturi della dieta con alimenti ricchi in Carboidrati (amidi), prevalentemente a basso Indice glicemico, non comporta né l’incremento della trigliceridemia né la riduzione della colesterolemia HDL che normalmente si osservano quando si utilizzano diete a elevato contenuto in Carboidrati ad alto IG (Pelkman, 2001).
Inoltre due studi di tipo osservazionale-retrospettivo (Liu t al., 2001; Ford & Liu, 2001) hanno dimostrato che la colesterolemia HDL è inversamente correlata con l’IG medio della dieta abituale. Diete a basso IG (spesso ricche anche in fibre solubili) si sono poi dimostrate in grado, secondo una recente revisione sistematica della letteratura, di svolgere un effetto ipocolesterolemizzante modesto ma riproducibile.
Le linee guida internazionali suggeriscono che i Carboidrati totali rappresentino il 50-60% delle calorie complessive: i Carboidrati semplici non dovrebbero eccedere il 10% dell’apporto calorico giornaliero.