DOTT. AMEDEO GIORGETTI

Esercizio antidepressivo

Gli studi sugli effetti positivi dell’attività fisica anche per la salute della mente, oltre che per quella del fisico, si moltiplicano. Per esempio ci sono diverse evidenze epidemiologiche sui benefici dell’esercizio nel contrastare la depressione, anche se gli studi non hanno ben approfondito la relazione in differenti contesti di attività e non hanno utilizzato misure oggettive dell’esercizio svolto, basandosi soprattutto sull’auto-valutazione. I riscontri hanno trovato conferma in uno studio australiano che ha puntato a superare i limiti metodologici precedenti: si è, infatti, ricorsi a uno strumento come il pedometro per la misurazione oggettiva ambulatoriale dell’esercizio e si è valutata la durata dello stesso in situazioni diverse, come tempo libero, lavoro, spostamenti, ambito domestico. E il beneficio anti-depressivo nei giovani-adulti considerati, in effetti c’è, in relazione al contesto.


Attività ma non sul lavoro
L’analisi ha utilizzato dati del 2004-2006 di 1995 persone selezionate tra i partecipanti a uno studio nazionale di lunga durata, 950 maschi e 1.045 femmine dai 26 ai 36 anni. L’esercizio nelle quattro situazioni dette prima è stato misurato sia attraverso un questionario internazionale di autovalutazione dell’attività fisica (IPAQ) sia obiettivamente con un pedometro (quanti passi/giorni). Per la valutazione della depressione si è usato il manuale di riferimento DSM-IV; naturalmente si sono monitorate variabili socio-demografiche come stato civile, istruzione, reddito, fumo, numero di figli per le donne. La prevalenza maschile della depressione era il 5,9% e quella femminile l’11,8%. I risultati hanno mostrato differenze per genere. Per le donne, livelli moderati di attività ambulatoriale (almeno 7.500 passi/giorno) sono apparsi associati con una riduzione del 50% circa della prevalenza della depressione, in confronto alla sedentarietà (meno di 5.000 passi/giorno). Una durata relativamente bassa di attività ricreazionale (al massimo 1,25 ore/settimana) è risultata associata a una prevalenza diminuita del 45% circa, rispetto alla mancanza di movimento. Una durata elevata di attività fisica lavorativa (almeno 10 ore/settimana) era al contrario legata a una prevalenza circa doppia di depressione, in confronto alla sedentarietà. Non si è osservata invece un’associazione significativa per gli uomini rispetto ai passi/giorno, né per i tipi di attività auto-riferite, compreso l’esercizio fisico totale sia nelle donne sia negli uomini.

Benefici cognitivi in donne anziane
La nuova evidenza è quindi che livelli moderati e obiettivamente misurabili di esercizio ambulatoriale sono associati a minore frequenza di depressione nelle giovani donne. Un’associazione c’è anche con l’esercizio ambulatoriale e ricreazionale negli uomini, non significativa, anche se la bassa prevalenza della depressione maschile ha limitato il potere statistico dello studio. La maggiore durata dell’attività fisica sul lavoro connessa a maggiore prevalenza di depressione nelle donne era già emersa in altri studi, è possibile però che le donne depresse sovrastimino questo esercizio. La relazione tra attività fisica sul lavoro e depressione va comunque chiarita, concludono gli autori. Resta il fatto che, nelle altre situazioni, il movimento si dimostra anti-depressivo nelle giovani donne. Ma anche in altra età il genere femminile può trarre vantaggi sul piano neuropsichico dall’esercizio. Uno studio canadese, appena pubblicato su Neurobiology of Aging, ha per esempio evidenziato che essere fisicamente attive dopo i 65 anni è benefico per le arterie cerebrali e questo si lega a migliori punteggi delle funzioni cognitive; d’altra parte la sedentarietà viene considerata un fattore di rischio per l’ictus e la demenza.

Viviana Zanardi

Fonti
McKercher C. M. et al. Physical Activity and Depression in Young Adults. Am J Prev Med 2009;36:161-4.